Periodico online di letteratura contemporanea

mercoledì 27 ottobre 2010

LE AVVENTURE DI MIRELLA TOMBINI

Voglio mettere in lettura i primi episodi di questa serie apparentemente per bambini (ma non è così).

LE AVVENTURE DI MIRELLA TOMBINI

Mirella Tombini oggi è andata a scuola. Ci va tutti i giorni, naturalmente, ma di solito arriva in ritardo. Non c'è un motivo vero e proprio per cui arriva in ritardo, diciamo che Mirella non è capace di arrivare in tempo.

Ma oggi è la prima, lì, davanti al portone, perché non vede l'ora di dire alla maestra e ai compagni che anche lei ha il diario. Mirella Tombini è la bambina meno organizzata della scuola: un giorno si dimentica i quaderni, un altro la penna, un altro ancora sbaglia l'aula, un altro ancora ancora va a scuola di domenica, per distrazione.

Il diario, finora, non c'è stato verso che ce l'avesse: le sta antipatico, forse perché è un oggetto tutto così precisino, e non l'ha neanche comprato. E la maestra la sgridava, e i compagni la prendevano in giro.

Ieri pomeriggio, però, una sua zia che fa la cartolaia gliene ha regalato uno ricchissimo, pieno di vignette colorate, e Mirella ha scoperto che il diario può essere un oggetto bellissimo e utile.

Finalmente la scuola apre, arrivano i compagni e poi la maestra. In aula, nel suo banco, Mirella non si contiene più.

“Signora maestra, indovini: da ieri ho anch'io il diario. Mia zia, che ha una cartoleria, me ne ha regalato uno bellissimo!”

“Bene, Mirella, benissimo, sono sicura che ti piacerà molto usarlo.”

“Volete che ve lo faccia vedere?”

“Sì, sì!”

Tutti i compagni di Mirella sono curiosi. Mirella fa per prendere il diario dalla cartella ma... ma... la cartella non c'è, Mirella l'ha lasciata a casa.

“Mi dispiace, signora. Scusatemi tutti.”

“Non importa, Mirella,” dice la maestra. “Ora hai il diario ed è già un passo avanti. Vedrai che domani riuscirai anche a portarlo a scuola.”

Quando si presenta qualche problema pratico, Mirella Tombini è la vera specialista: lei riesce a risolverli tutti. Ormai lo sanno bene sia i compagni sia gli insegnanti e così dapprima si provano loro a risolvere il problema, poi lasciano che se ne occupi Mirella, con risultati sempre risolutivi.

Alle volte è solamente questione di estro: Mirella pensa in modo bizzarro, originale, e ha idee che altri non hanno; altre volte, si tratta di manualità e senso pratico, e Mirella riesce dove gli altri falliscono; altre volte ancora, è questione di attrezzature: nel suo zaino, Mirella tiene sempre colla, spago, mollette, puntine e altre cose utilissime, compresa una forchetta, che è uno degli oggetti più furbi dell’universo. Una volta che era in vena, stranamente, di fare ragionamenti filosofici, Mirella ha infatti sentenziato: “Se allo scienziato che ha scoperto le orbicole dei gratteroni (ma voleva dire: le orbite dei gravitoni) hanno dato il Premio Moplen (ma voleva dire: il Premio Nobel), quale premio mille volte più grande avranno dato all’inventore della forchetta, che è molto più utile?”

Oggi, poiché è arrivata una nuova insegnante, è arrivata in aula anche una nuova cattedra, perché l’insegnante è alta come una pertica. Il problema è che la cattedra traballa e il battere delle sue zampe sul pavimento è un gran fastidio per tutti, ragazzi compresi.

Allora, tutti a cercare qualcosa da mettere sotto la zampa corta, per fermare la cattedra. Ma nessuno ha l’idea giusta e la cattedra continua a essere ballerina, anzi in certi casi è peggio di prima. Per prima, Genoveffa Strombacicci ha messo il suo panino, ma era troppo morbido e, inoltre, ha sporcato tutto di marmellata. Poi, ci ha provato Gigi Proiettili, con le sue figurine dei calciatori, ma ce ne volevano troppe e lui non ne aveva così tante. Calogero Pasqualone aveva trovato la soluzione giusta mettendoci la sua scarpa sinistra, giusta giusta come misura, ma poi in aula c’era troppa puzza di piedi e se l’era dovuta rimettere. L’ultima prova l’ha fatta il bidello, signor Ghiribelli, con una zeppa di legno, ma era troppo alta, la cattedra era tutta storta e le penne, il registro, perfino il telefonino spento della maestra rotolavan giù come biglie.

A questo punto, è entrata in scena Mirella, che non vedeva l’ora. Ha osservato, ha misurato con le dita (due dita e una foglia). Detto fatto, ha infilato un libro e la cattedra si è trovata in perfetto equilibrio.

“Grazie, Mirella.” Ha detto l’insegnante.

“Chissà che libro era.” Si sono chiesti i compagni e, per un momento, se l’è chiesto anche Mirella, per poi dimenticarsene subito.

Ma le è venuto in mente poco dopo, quando un compagno ha chiesto, a voce alta:

“Mirella, ho visto che oggi la cartella ce l’hai, e mi sembri anche in gran forma. Ce lo fai vedere per piacere il tuo nuovo diario?”

“Sì, sì!” Hanno gridato tutti.

“Dai, vediamo il diario di Mirella!” Ha detto anche la nuova insegnante, alla quale uno dei ragazzi aveva bisbigliato in un orecchio tutta la storia del diario di Mirella.

Mirella Tombini, tutta rossa per il dispiacere, pensava che era proprio il diario quel libro che aveva messo sotto la cattedra, e che ora non poteva togliere sennò sarebbero cadute tutte le cose che la maestra e i compagni avevano appoggiato sopra.

Ci pensa un attimo e dice: “Mi dispiace ma il mio diario lo si può vedere solo da fuori. L’ho usato per riparare la gamba della cattedra…”

“La zampa.” Corregge la maestra, sempre molto attenta quando Mirella parla.

“Se però volete, posso farvi vedere il libro di lettura.”

Silenzio. Il libro di lettura ce l’hanno tutti, perché mai vedere quello di Mirella?

“No, no, il libro no, lo conosciamo già.”

“Bene, allora per oggi non vedremo niente.” Taglia corto la maestra.

Mirella è molto contenta, il libro l’aveva lasciato a casa e il suo era un bluff.

“Mi è andata bene, ma forse dovrei mettere qualcosa nella cartella, quando la porto. Mi potrebbe servire, e poi i compagni sarebbero contenti.”

Un giorno, Mirella Tombini ha avuto una magnifica idea: organizzare un pic nic per tutta la sua classe. L’idea le è venuta un pomeriggio che girava con la sua bicicletta nel parco davanti casa sua: c’è un laghetto con degli alberi, delle belle panchine, una fontanella e un’altalena. Mirella ha subito pensato che un giorno avrebbero potuto venire tutti insieme a mangiare qui, passando del bel tempo a correre e a giocare. E anche gli insegnanti, poveretti, avrebbero potuto rilassarsi un po’. Allora, la mattina l’ha subito proposto in classe, e tutti sono stati contenti.

“Io porto il pallone.” Ha promesso subito Calogero Pasqualone.

“Io potrei pensare a portare un mazzolino di fiori.” Ha detto Genoveffa Strombacicci.

“Ma Genoveffa, cosa ce ne facciamo di un mazzolino di fiori in un parco? Semmai, i fiori li troviamo lì!” Ha obiettato Gigi Proiettili.

“Porto dei fiori così ne regalo un mazzetto alla maestra.”

“Sei una bella furbiana.” Ha replicato Gigi, che si è confuso e non sapeva più se voleva dire furbetta o ruffiana. “E comunque non c’entra niente.”

“Io organizzo tutto quanto, così faremo le cose per bene.” Pensa Mirella, che si è proprio messa di buzzo buono: Calogero porta il pallone, Genoveffa porta il mazzolino di fiori e anche una coperta per sedersi, Gigi delle barchette da mettere nel lago, Sandro Cani porta le carte e Isidora Metalli tiene buone le maestre.

“Cosa significa che tiene buone le maestre?” Chiede Calogero.

“Significa che le distrae un po’ mentre noi facciamo troppa confusione e poi le tiene di buonumore.” Infatti Isidora porta il libro delle barzellette di Totti carabiniere.

“Ma così non gioca!” Protesta Calogero.

“Si deve fare a turno. Stavolta non gioca lei, magari la prossima non giochi tu.” Spiega Mirella. Calogero non è molto soddisfatto dalla spiegazione ma suona la campanella.

L’indomani, è il gran giorno. Le maestre, prima di partire, si raccomandano di camminare tutti in ordine, stare attenti, guardare la strada e tutte queste cose che i ragazzi già sanno (ma non le fanno lo stesso, chissà perché).

“Ma soprattutto – dice infine la maestra – vogliamo ringraziare Mirella per questa bella idea e per essersi data da fare per organizzare tutto. Sono certa che non ci mancherà niente e che sarà un pic nic bellissimo.”

Mirella è molto orgogliosa, anche se una vocina dentro le dice che si è dimenticata di qualcosa, di qualcosa che non riesce a capire cos’è. Finalmente, si può andare. La classe raggiunge il parco e tutti giocano, corrono, si divertono, sudano. Qualcuno che corre senza guardare si sbuccia anche un ginocchio, ma succede tutte le volte e poi non sono questi i problemi. Anche le maestre si vede che stanno bene. Solo Mirella è disturbata dal pensiero di aver dimenticato qualcosa, ma non riesce a capire cosa.

Arriva l’ora di pranzo e l’insegnante dice: “E’ ora di mangiare, prepariamoci. Mirella, dov’è il pranzo?”

D’improvviso, le viene in mente: il pranzo, ecco cos’ho dimenticato!

“E ora come faccio?” Pensa Mirella.

In quel momento, un tuono squassa il silenzio e di colpo si mette a piovere a catinelle. Tutti corrono sotto un albero per ripararsi, poi le maestre fanno mettere in fila i ragazzi e velocemente si ritorna a scuola. Lì, nel refettorio, c’è come sempre pronto un pranzetto caldo e, dopo essersi asciugati alla meglio, tutti vanno a pranzo.

“Che sfortuna, Mirella: la tua bella idea rovinata così dalla pioggia!”

“Chissà come sarebbe stato buono il pranzo al sacco!”

“Bhè, comunque ci siamo divertiti. Grazie dell’idea.”

“La prossima volta saremo più fortunati.”

“Brava Mirella, grazie.”

Mirella pensa che è stata molto fortunata e si dice, tra sé e sé: “Come potrei fare, la prossima volta, a ricordarmi di tutto, pranzo compreso? Dovrei annotarmi le cose sul diario…”

Ma si sa che il diario di Mirella Tombini, nessuno, neanche lei, sa mai dov’è.

Mirella Tombini ha deciso che da oggi in avanti andrà a scuola in bicicletta. Le piace molto l’idea, le pare profondamente tecnologica. Mirella non sa nulla di inquinamento, di rispetto delle risorse, in traffico urbano (oddìo, di quello si accorge abbastanza anche lei) e quindi ignora di compiere un gesto politicamente impegnato. No, a lei piace la bicicletta perché si va più veloce che a piedi.

Nessuno dei suoi compagni va a scuola in bici: Genoveffa Strombacicci viene acompagnata ogni mattina dai genitori in macchina, Gigi Proiettili abita a due passi e quindi “fa due passi” ogni mattina, Calogero Pasqualone un po’ questo un po’ quello e comunque mai con la bicicletta.

Mirella la bicicletta non ce l’ha e non vuole chiederla ai suoi genitori. Le sembra già un’enormità aver chiesto loro di acquistare il diario per poi non sapere mai dov’è, quindi ha deciso di procurarsela da sola.

Dai discorsi che sente dai grandi, ha capito che le biciclette vengono sempre rubate e che questa è la ragione per cui sono sempre cariche di lucchetti e incatenate ai pali della luce, al marciapiede e ad altre biciclette incatenate loro pure.

Mirella è uscita per andare a caccia di biciclette. Riflette sul fatto che, dal momento che tutte quante sono variamente chiuse col lucchetto, se putacaso ne trova una aperta significa che è abbandonata, quindi può prenderla per sé. Anzi, sarà un gesto meritorio perché in questo caso avrà liberato la città da una cosa abbandonata.

Il primo giorno di caccia l’ha iniziato a scuola. E’ stato infruttuoso ma istruttivo. Infruttuoso perché a scuola con la bicicletta ci vanno pochissimi bambini e quasi tutti più grandi di lei, a giudicare dalla misura delle bici. Istruttiva perché comunque è proprio vero che le biciclette con dei padroni hanno molti lucchetti: questo significa sicuramente che quelle senza lucchetti vuol dire che sono abbandonate, come dei cani senza famiglia che nessuno gli dà da mangiare.

Non c’entra molto, pensa Mirella, però osserva anche che tutti quei lucchetti sembrano quei grappoli che ha visto in televisione nei ponti, e le torna in mente che tutti parlano sempre del ponte della città che vorrebbero scambiare col formaggio (roma per toma) ma lei si ricorda che i lucchetti li avevano inventati nella città col ponte vecchio più vecchio del mondo. Chissà se hanno inventato lì anche la bicicletta.

Mirella va a caccia per giorni e giorni, al pomeriggio, dopo fatti i compiti, ma biciclette senza lucchetto non ne trova. Finalmente, quando sta per rinunciare, eccola: una bici da donna, com’erano una volta, piuttosto grande per lei, con le ruote sgonfie e… senza lucchetto!

La prende e la porta a casa, tenendola per il manubrio, chiede al vicino, il signor Ciampoli, di gonfiare le gomme, e va a dormire felice. Lo stress della ricerca è stato troppo forte e si addormenta di colpo.

L’indomani mattina, senza dire niente a nessuno, sfreccia a scuola con la sua biciclettona, senza mai sedersi sul sellino perché non ci arriva. Agli incroci le macchine la lasciano passare perché si preoccupano un po’ di vedere tutto quel ferro guidato da una bambina così piccola, ma insomma in qualche modo arriva. E’ molto soddisfatta.

La mattina passa in un attimo, Mirella pensa solo alla bicicletta ma per fortuna a nessuno viene in mente di interrogarla.

All’uscita, si precipita verso la bicicletta. Ci sono proprio lì i due bidelli, Millimetro e il signor Ghiribelli. Il secondo tiene la bicicletta per il manubrio e dice al primo: “Proprio non capisco chi l’abbia riportata qui. L’altro giorno l’avevo appoggiata a un marciapiede, in centro, perché aveva le ruote sgonfie ed ero andato a comprare una pompa. Credevo me l’avessero rubata e invece eccola qui! Chi sarà stato?”

“Un angelo, forse?” Sanno tutti che Millimetro è molto religioso.

Mirella è un po’ dispiaciuta ma anche un po’ contenta perché si rende conto che il signor Ghiribelli vuole davvero bene alla sua bicicletta. Quindi si avvia a piedi verso casa pensando: “Cercherò sulle Pagine gialle il numero del biciclettile, dove si possono adottare le biciclette randage e abbandonate.”

2 commenti:

ecatmel ha detto...

mi piace l'idea del biciclettile, la trovo geniale!!!

Cernia ha detto...

Hei Silvio, non ti sei espresso se è possibile commentare al di là delle cose carine. Ti conosco un po', e nel tuo caso giurerei di si, allora lo faccio.
Il commento che esprimo è quasi opposto a quello d EcatMel. Molto carina la storia, ed i sentimenti espressi, mi mette i difficoltà come essere umano, perchè mi spinge a "sentire" il mondo attraverso i sensi e le aspettative di un bambino. Bella provocazione, merita di essere percorsa.
Trovo però che il linguaggio è molto distante da quello di un bimbo, e che alcune parole o frasi come: come "riflette sul fatto che" "meritorio" "putacaso" "nquinamento, di rispetto delle risorse, in traffico urbano (oddìo, di quello si accorge abbastanza anche lei) e quindi ignora di compiere un gesto politicamente impegnato", che spostano il lettore in modo stridente da una possibile percezione infantile. Mi vieni in mente subito tu, non Mirella. Si, sei un narratore che entra un po' nel suo stesso paesaggio, ma questo confonde la mia serenità ed ingenuità nel leggerlo. Allora sento che il personaggio tende a divenire intellettuale, e questo non ci sta col dipinto e coi suoi soggetti ed oggetti (secondo me).

Mi piacerebbe sentire altre repliche, e commenti a tutto quello che viene inviato...